Ugo Maiorano
quando la tammorra diventa una scelta di vita
"La Vita è Bella perchè si balla"
( Nando Citarella )
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Tammorra e Grande Storia

La Tammorra incontra la Grande Storia
 
 
La grandezza della tammorra consiste nell’essere profondamente popolare nel senso che essa esprime, con il suo ritmo travolgente, una vera e propria visione del mondo da parte del popolo, che ne ha fatto una bandiera di protesta ma anche di celebrazione di Valori, tra cui la socializzazione e il concetto della Vita come lotta e sacrificio, che vengono affermati nella microstoria, cioè nella piccola storia di ogni giorno.
 
Ma al tempo stesso, la tammorra ha dato vita a un incontro con la Grande Storia o Macrostoria, nell’ambito della quale essa ha vissuto con intensità i grandi Eventi della società, soprattutto del Meridione. In tal modo, la tammorra è stata la colonna sonora dei sogni e delle lotte, ma anche delle sconfitte, che si sono avvicendate nel corso dei secoli che hanno visto spesso il popolo come protagonista sul palcoscenico della Storia.
 
Questo fatidico incontro ha avuto come primo protagonista l’imperatore Federico II di Svevia, noto per le sue capacità di guardare con interesse all’Oriente, di aprirsi alla cultura mediterranea, di recepire il linguaggio dei medici e degli astronomi, dei filosofi e dei matematici. Al periodo del suo regno si dice che risalga il primo esempio di musica popolare napoletana: Jesce sole, il celebre canto delle lavandaie del Vomero.
 
 Il secondo momento riguarda la storia e il mito di Masaniello, il quale, anche se tra errori e illusioni, fece capire al mondo che c’era una classe sociale (costituita dal popolo), la quale nel 1647 bussò alle porte della Storia per gridare le sue esigenze e i suoi desideri: una tammurriata esaltò le gesta, impetuose e oltranziste, di questo giovane ribelle.
 
Il terzo momento in cui la Grande Storia si legò alla tammorra fu durante la Rivoluzione partenopea del 1799, in cui intellettuali finissimi elaborarono idee repubblicane d’avanguardia, pagando con la vita l’aver osato sognare una società più libera e più giusta. Il “Canto dei sanfedisti” esprime la reazione al 1799.
 
E poi vennero i briganti di metà Ottocento, spesso criminali, talvolta agitapopolo e vittime: volevano, nei loro canti, reagire al loro destino di essere “o briganti o emigranti”.
 
E, infine, gli eroici cittadini e scugnizzi delle quattro Giornate di Napoli. Tra il 27 e il 30 settembre 1943, durante la seconda guerra mondiale, la popolazione civile e militari fedeli al Regno del Sud riuscirono in una missione impossibile: liberare Napoli dall'occupazione da parte dell’esercito nazista. “Il canto allo scugnizzo” (mirabilmente scritto e musicato da Eugenio Bennato) si conclude con queste parole: «’na vecchia guarda e dice: “Quant’è bello/ me pare tale e quale a Masaniello”».
 
Si chiude così la Trilogia “L’InCANTO della Tammorra”, lo strumento più antico e più moderno della musica popolare italiana, lo strumento che trasmette i battiti del cuore e la pulsione del sangue, lo strumento che esalta lo spettacolo della Vita.
 
Franco Salerno
Ugo Maiorano
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